Numerose sono le citazioni e le rappresentazioni di questo ortaggio nel corso dei secoli. Ad esempio possiamo trovare rappresentata la Carota Bianca nell’affresco nel caseggiato del termopolio ad Ostia Antica, quasi a ricordare come questo tubero venisse apprezzato e servito come cibo di strada. Non solo, la troviamo anche come ortaggio servito sulle tavole della Serenissima Repubblica di Venezia rappresentato da Camillo Mantovano attorno al 1567 negli affreschi della sala da pranzo dei nobili di Palazzo Grimani a Venezia, sito nel Sestriere di Castello.
Altro esempio è la descrizione di un’ottima pastinaca fritta da parte del teofilo Folengo (1491 – 1544) , poeta macaronico del Rinascimento (Merlin Cocai). Dice che, addirittura, veniva preparata per la cucina degli dèi dell’Olimpo.
Anche nell’arte pittorica rinascimentale troviamo un grande utilizzo della Carota Bianca in quanto non solo serviva a “dar luce” alle immagini essendo completamente bianca, ma ne testimoniano l’uso continuo nella cucina povera o ricca del ‘500 veneto. Jacopo da Bassano (1515-1592) che nella sua Bottega creava opere pittoriche comprendenti prodotti dell’agricoltura che riproducevano pastinache sia in campo, sia in cucina, ne testimoniano il grande uso al suo tempo. Lo stesso Giuseppe Arcimboldo (1527-1593) Pittore milanese, attivo generalmente alla Corte di Praga, inventò i ritratti eseguiti componendo fiori o frutta. Il suo manierismo affatto singolare, vide l’uso continuo della Pastinaca per rendere le parti più in luce delle sue composizioni, che potevano essere, per esempio, i nasi o gli zigomi dei ritratti.
Ma la sua pittura sottolinea inequivocabilmente l’interesse scientifico per la natura che, anche con la spinta di grandissimi botanici e medici come il marosticense Prospero Alpini, stava prendendo sempre più importanza nelle scienze che ci stavano conducendo ne “l’era dei lumi”. Altro esempio lo troviamo nel volume “Nelle cucine di Andrea Palladio” di Giuseppe Barbieri, con delle belle riproduzioni della pittura del ‘500 di Pieter Aertse ritroviamo le pastinache a pag. 61-62 come anche a pag. 25 con Vicenzo Campi, altro pittore del ‘500.
Lo stesso Juan Sanchez Cotàn, pittore spagnolo del ‘600 continua ad inserire la pastinaca nelle sue nature morte. Facendo una ricerca sulla presenza della pastinaca nella pittura rinascimentale ne uscirebbe un elenco sterminato sull’uso di questo tubero, non solo nei pittori minori, ma anche da parte dei più celebri.
La sua versatilità culinaria (cruda, cotta, arrostita, conservata) la rendeva onnipresente nelle ricette scritte dai grandi cuochi del ‘500 come Cristoforo di Messisbugo, (… –1548), Bartolomeo Scappi ecc… La troviamo spesso, in continuazione all’uso già descritto dai grandi autori latini come Plinio il Vecchio, Apicio ed altri che scrivevano di agricoltura o di culinaria. Se ne trovano citazioni nei libri “Le abitudini alimentari dei Romani” e “I Romani in cucina” editi dal Museo della Civiltà Romana, Roma.
Insomma, sia nella pittura rinascimentale, come negli scritti di culinaria o di agricoltura anche molto antichi, ritroviamo sempre la Pastinaca Sativa, conosciutissima e usatissima. Solo ragioni commerciali l’avevano destinata ad un ingiusto oblio proprio nelle zone delle Ville Venete, dove aveva conosciuto meritatamente una indiscussa popolarità.